Può capitare che, presi dall’ansia di dare gli esami, ci si dimentichi del vero motivo per cui si occupano ogni giorno i banchi dell’università: che non è solo quello di seguire le lezioni, affrontare prove scritte e orali, fino a che, un bel giorno, si arriva alla tanto agognata laurea, quanto piuttosto di costruirsi un futuro, di svolgere un lavoro che sia il più possibile pertinente al percorso di formazione che si è affrontato nel corso degli anni.
E invece no. L’università, o meglio: l’ambiente ovattato dell’università fa smarrire troppo spesso obiettivi e propositi circa il proprio avvenire. Il risultato è un forte senso di smarrimento appena diventati “dottori”, condizione questa che quasi tutti i laureati avranno sperimentato già dopo la fine dei bagordi della festa di laurea. La cosa, in particolare, si manifesta con i primi giorni di ozio che, se ampiamente meritati per lo sforzo immane che lo sprint finale ha richiesto, dopo un pò cominciano a pesare come macigni. Per non parlare di quando, mano al mouse, si cerca di capire in quale direzione sia più giusto muoversi su internet per vendersi con successo sul mercato del lavoro (e vai allora con la ricerca di offerte, guide per la compilazione corretta del cv, ecc.). Ed è qui che, forse, varrebbe la pena di fermarsi un attimo per riflettere.
Non è detto, infatti, che il periodo di “rilassamento” dopo la discussione della tesi sia necessariamente qualcosa di negativo, e che invece ci si debba per forza lanciare nella disperata ricerca di un impiego. Qualunque esso sia. Al contrario, pensare il lavoro prima di mettersi a cercarlo potrebbe essere una saggia cosa da autoimporsi. Alla fin dei conti si tratta di un’occasione per fare il punto della situazione dopo che, per troppo tempo, non ci si è posti minimamente il problema.
Ecco, allora, che la compilazione del primo curriculum può rappresentare il momento pratico in cui, nero su bianco, si comincia a dare una forma ordinata alle esperienze maturate negli ultimi anni. Poi, magari, verrà anche la fase di “abbellimento” per conferirgli maggiore appeal. L’atteggiamento mentale riguarda essenzialmente il modo in cui si guarda a se stessi, ancora prima che a quel pezzo di carta bianca da riempire. Il curriculum vitae, infatti, non deve mai essere un mero elenco di cose fatte nel passato, ma l’occasione per ricavare dalle proprie esperienze ogni strumento utile per affrontare il futuro. Questo vuol dire, più banalmente, essere in grado di estrapolare dagli studi e dai lavori svolti quel bagaglio di competenze, conoscenze, nozioni, capacità, inclinazioni che si ritiene potranno poi andare a costituire nel loro insieme un tesoro preziosissimo ai fini lavorativi.