Anche il procedimento per convalida di sfratto è un procedimento sommario, secondo la classificazione adottata dal codice di procedura civile. Esso si svolge attraverso due fasi, l’una delle quali con un accertamento superficiale e senza pretese di certezza definitiva; l’altra, eventuale, destinata ad un accertamento pieno nel contraddittorio tra le parti. Nonostante la riconduzione ad uno schema unico (che è unico quanto allo svolgersi del procedimento), la convalida è riferita a tre diverse fattispecie di diritto sostanziale: l’intimazione di licenza prima della scadenza della locazione; l’intimazione di sfratto dopo la scadenza della locazione; e l’intimazione di sfratto per morosità.
L’ambito di applicazione tipico del procedimento di convalida è tradizionalmente stato costituito dal rapporto di locazione di immobili. La riforma del processo estenderà la convalida di licenza per scadenza del contratto e di sfratto per morosità ai contratti di comodato di beni immobili e di affitto d’azienda.
Intimazione di licenza prima della scadenza
La locazione può venire a cessare per la naturale scadenza dei termini della sua durata (oltre che per le cause che determinano la risoluzione o la cessazione di efficacia dei contratti in generale). La normativa vigente prevede la rinnovazione tacita del rapporto, se non sottoposto a disdetta tempestivamente, e in parte è ancora vigente una legislazione protezionistica che per lungo tempo ha inteso tutelare gli inquilini nel contesto di un vasto problema sociale riguardante la disponibilità di alloggi adibiti ad uso di abitazione e ad uso lavorativo. L’intimazione di licenza prima della scadenza della locazione, disciplinata dall’art. 657, primo comma, c.p.c., costituisce lo strumento processuale con il quale è intimata formalmente la disdetta del rapporto per la data in cui esso verrà a scadenza ed è chiesto al giudice di ordinare il rilascio dell’immobile oggetto della locazione.
L’atto rivolto al giudice ha per presupposto che il rapporto non sia ancora venuto a scadenza e pertanto riguarda un diritto non ancora attuale, che diventerà sussistente nel momento di scadenza dei termini di durata della locazione. Lo stesso atto riunisce in sé una natura sostanziale (l’atto di disdetta che pone fine al rapporto) e una natura processuale (la domanda di rilascio al giudice). Il procedimento conduce quindi a corrispondenti effetti negoziali e processuali: e il provvedimento pronunciato dal giudice consiste in una condanna in futuro, che potrà, cioè, essere eseguita quando verranno a verificarsi le condizioni future alle quali essa è condizionata (la scadenza della durata della locazione).
Intimazione di sfratto dopo la scadenza della locazione
Dopo che la locazione è venuta a scadenza, la detenzione dell’immobile ad opera del conduttore può proseguire, per varie ragioni che vanno dalla permanenza abusiva alla tolleranza del locatore. Questi può chiedere la restituzione dell’immobile, mediante il procedimento di sfratto, nei casi in cui la locazione non si è rinnovata, tacitamente o per legge, ed egli abbia interesse al rilascio.
In questa fattispecie il locatore fa valere un diritto che è già attuale in quanto si sono già verificate le condizioni occorrenti a renderlo immediatamente sussistente ed azionabile. Egli agisce per ottenere il rilascio di un immobile che è detenuto da altri senza titolo. Il suo atto rivolto al giudice è esclusivamente un atto processuale, una domanda di condanna che presuppone l’accertamento del diritto e dell’obbligo altrui di eseguire la prestazione domandata. Il rapporto di locazione ha già avuto termine e pertanto l’istanza al giudice non ha effetti di natura negoziale.
Intimazione di sfratto per morosità
Nei contratti a prestazioni corrispettive il mancato adempimento ad opera di una delle parti, se rilevante nel contesto delle relazioni che ne erano sorte, consente all’altra di chiedere la risoluzione del rapporto. Con riferimento al contratto di locazione, la mancata corresponsione dei canoni costituisce una tipica causa di inadempimento che fornisce titolo al locatore per chiedere la risoluzione con una domanda al giudice. In proposito l’art. 658 disciplina un procedimento che consente al locatore di ottenere: la risoluzione del rapporto, per inadempimento contrattuale; la condanna del conduttore al rilascio dell’immobile; e la condanna del conduttore al pagamento dei canoni scaduti e delle spese.
Attraverso lo strumento processuale, così apprestato, il locatore esercita il diritto potestativo di ottenere la risoluzione del contratto, adducendo a motivo l’avvenuto inadempimento. Esercita altresì il suo diritto di credito al rilascio del bene, che sorge in conseguenza della risoluzione del rapporto. Ed esercita, infine, il suo diritto di credito a conseguire le prestazioni pecuniarie illegittimamente omesse dall’obbligato. Il suo atto ha contenuto complesso. E la pronuncia ne riproduce la complessità, avendo contestualmente natura costitutiva e di condanna.
La fase sommaria del procedimento
Per il procedimento è competente il giudice del luogo nel quale è ubicato l’immobile. Le intimazioni di licenza o di sfratto sono notificate al conduttore con osservanza delle regole dettate per l’atto introduttivo del giudizio di cognizione (residenza o domicilio del convenuto, ecc.). Esse assumono la forma e il contenuto di un atto di citazione per la convalida, recante (in vece e luogo dell’avvertimento al convenuto sulle conseguenze della mancata o ritardata costituzione in giudizio) l’avvertimento che alla mancata comparizione o alla mancata opposizione consegue il provvedimento di convalida. La notificazione non può essere effettuata nel domicilio eletto. Il divieto ha lo scopo di favorire forme di notifica che assicurino con la maggior certezza possibile la ricezione della comunicazione, per la rilevanza personale che assumono le procedure di licenza e di sfratto.
La citazione evoca il destinatario a comparire in giudizio. All’intimato deve essere assicurato un termine a difesa, libero e non minore di venti giorni. Il termine può essere abbreviato nelle cause che richiedono una pronta spedizione. Il convenuto si costituisce depositando in cancelleria l’intimazione ricevuta, o presentandola in udienza. Ai fini della comparizione e della proposizione dell’opposizione è sufficiente la presentazione personale.
La mancata comparizione e la mancata proposizione dell’opposizione
La sommarietà del procedimento e il fatto che il soggetto agente possa produrre titoli a fondamento del suo diritto (il contratto di locazione, il titolo di proprietà; ecc.) giustificano le conseguenze che la normativa processuale fa derivare sia dalla mancata comparizione dell’intimato all’udienza in cui è chiamato a comparire e sia dalla mancata proposizione nei termini dovuti dell’opposizione.
Se il conduttore, ricevuta la regolare notifica della citazione, omette di comparire o, comparendo, omette di formulare l’opposizione, il giudice convalida la licenza o lo sfratto e dispone con ordinanza in calce alla citazione l’apposizione su di essa della formula esecutiva. Nel caso di sfratto per morosità la convalida è subordinata ad una dichiarazione del locatore che attesti che la morosità persiste; ed è accompagnata dall’intimazione di pagamento dei canoni scaduti. Il giudice liquida anche le spese processuali, fatta eccezione per l’intimazione di licenza prima della scadenza del contratto. La giurisprudenza afferma, infatti, che in questa situazione il provvedimento è chiesto dal locatore senza che al ricorso al giudice abbia dato causa un comportamento del conduttore.
L’ordinanza di convalida conclude il procedimento. Essa è dichiarata dalla legge non impugnabile. Un gravame, in forma di opposizione tardiva, è espressamente ammesso (nel termine di dieci giorni dall’inizio dell’esecuzione: art. 668), se l’interessato prova di non avere avuto tempestiva conoscenza dell’intimazione per irregolarità della notifica o per caso fortuito o per forza maggiore; oppure che, pur avendo avuto una siffatta conoscenza, non ha potuto comparire per caso fortuito o per forza maggiore. Nonostante la esplicita limitazione legislativa, la giurisprudenza ritiene che l’ordinanza di convalida possa essere impugnata con i mezzi ordinari quando è emessa in carenza dei presupposti prescritti dalla legge, vale a dire, al di fuori dello schema processuale disegnato dal legislatore: in questi casi il provvedimento è equiparabile, in sostanza, ad una sentenza ed è impugnabile con l’appello. In forza di ripetute sentenze dichiarative di illegittimità, ad opera della Corte costituzionale, si ritengono proponibili i mezzi straordinari di impugnazione: la revocazione e l’opposizione di terzo.
La comparizione e la proposizione dell’opposizione
Il soggetto intimato può comparire e proporre in udienza l’opposizione alla convalida. La normativa disciplina alcune delle situazioni che per tal modo possono venire a verificarsi.
L’intimato può formulare la sua opposizione senza però addurre a fondamento delle sue asserzioni una prova scritta. In questo caso vengono a confliggere il provvedimento già emanato dal giudice e l’esigenza di un accertamento istruttorio sulle eccezioni dedotte a fondamento dell’opposizione. Su istanza del creditore, se non sussistono gravi motivi in contrario, il giudice pronuncia ordinanza non impugnabile di rilascio, con riserva delle eccezioni del convenuto. Il provvedimento ha natura interlocutoria e provvisoria. Esso accoglie e rende eseguibile la domanda del locatore, sull’assunto che questa si presenta documentata e attendibile; e demanda ad una fase successiva un accertamento completo che tenga conto dell’opposizione e ne verifichi il fondamento.
Questa fase successiva si svolge nelle forme del rito speciale locatizio, di cui all’art. 447 bis (rito per le controversie in materia di lavoro). Ove occorra, il giudice dispone il mutamento del rito, secondo le disposizioni di cui all’art. 426 c.p.c.
Il conduttore intimato può comparire e proporre opposizione per quanto concerne la richiesta di pagamento dei canoni proposta nei suoi confronti con l’intimazione di sfratto. Egli può contestare, ad esempio, l’ammontare dei canoni pattuiti e il loro complessivo ammontare; non anche la sussistenza dell’intera morosità, perché ciò significherebbe negare in radice il diritto di credito del locatore e il suo diritto allo sfratto. In pratica, la contestazione deve, in questo caso, riguardare il quantum della pretesa avversaria. Il giudice può allora disporre con ordinanza il pagamento, intanto, delle somme non controverse ed assegnare in proposito un termine non superiore a venti giorni. Se il conduttore non ottempera all’ordine di pagamento, il giudice convalida l’intimazione di sfratto e pronuncia decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni.
L’opposizione può essere proposta per ragioni che a norma del codice di procedura non consentono l’emanazione di provvedimenti provvisori ma impongono il giudizio ordinario. Essa può essere fondata su eccezioni riferite all’inidoneità delle prove scritte prodotte con il ricorso; o sulla contestazione della legittimazione del preteso locatore a chiedere la risoluzione del rapporto; o sulla negazione della asserita morosità. In queste situazioni il procedimento deve proseguire per la pronuncia sulle eccezioni dell’opponente. Si applica il ricordato rito locativo, previa trasformazione del rito.