Il reato di calunnia è disciplinato dall’articolo 368 del Codice Penale, in base al quale: “[I] Chiunque, con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’Autorità giudiziaria o ad un’altra Autorità che a quella abbia l’obbligo di riferirne o alla Corte penale internazionale, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da due a sei anni. [II] La pena è aumentata [64] se s’incolpa taluno di un reato per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un’altra pena più grave. [III] La reclusione è da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna alla reclusione superiore a cinque anni; è da sei a venti anni, se dal fatto deriva una condanna all’ergastolo”.
Il bene giuridico tutelato dalla disposizione in esame è duplice: da un lato quello del corretto funzionamento della Giustizia, dall’altro quello dell’onore e della libertà della persona ingiustamente accusata. Parte offesa è dunque sia lo Stato sia l’individuo ingiustamente incolpato.
Rientra tra i reati di pericolo, per i quali per l’integrazione del delitto è sufficiente che l’accusa sia idonea a far iniziare un processo oppure un’indagine. Per aversi la punibilità non è dunque necessario che sia derivata la condanna della vittima a seguito della falsa incolpazione (l’eventuale condanna può però costituire – come visto – un’aggravante della pena). E’ dunque sufficiente che la falsa incolpazione contenga in sè gli elementi necessari per l’esercizio dell’azione penale.
Essendo dunque un reato di pericolo, l’accusa “grossolana” o palesemente falsa che appaia immediatamente come tale esclude il reato.
Integra invece il reato l’accusa diretta all’Autorità che indaga, ovvero ad altra che alla prima abbia l’obbligo di riferire. Anche l’accusa che abbia fatto iniziare un’indagine nei confronti dell’accusato fa scattare il reato in questione.
Integra la calunnia sia l’attribuzione di fatti di reato, sia l’attribuzione di circostanze di fatto idonee a far individuare qualcuno come autore di un reato.
Il reato di calunnia può integrarsi in due modi:
A. tramite una falsa accusa rivolta ad alcuno ed effettuata per mezzo di una denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o se fatta sotto falso nome (c.d. calunnia diretta o formale);
B. tramite una falsa accusa effettuata mediante la simulazione di tracce di reato (ad esempio un’impronta, le tracce di sangue …) a carico dell’incolpato (c.d. calunnia indiretta o reale).
In entrambi i casi per l’operatività del reato è però necessario che il calunniatore sia a conoscenza della innocenza della persona accusata, altrimenti, se l’accusa è fatta anche per errore/colpa, il reato non sussiste, posto che il delitto ex articolo 368 del Codice Penale è punito solo a titolo di dolo (ovvero, ci deve essere la volontà di accusare falsamente taluno).
Integra il delitto:
l’incolpazione di un reato non commesso;
l’accusa della commissione di un reato rivolta a persona diversa rispetto all’autore;
l’attribuzione di un fatto senza l’indicazione di particolari circostanze esistenti che avrebbero reso non punibile l’autore;
l’accusa che sia stato compiuto un reato più grave o diverso da quello realmente commesso.
Il reato di calunnia rientra tra i “reati istantanei”, e per cui si integra non appena l’accusa giunge all’Autorità. In giurisprudenza si ritiene che il tentativo sia ammissibile.
Il reato sussiste sia se viene indicato il nome della persona accusata, sia se quest’ultima è facilmente individuabile. La “denuncia” può essere fatta nei modi più disparati, non occorrendo forme particolari.
Se però il calunniato non è imputabile o è non punibile il reato non opera. Allo stesso modo, il reato non opera se quello falsamente attribuito è perseguibile a querela di parte e questa non è poi presentata (Cassazione Penale n. 35800/2007; n. 4389/2011; n. 10221/2011).
La pena che si applica al calunniatore
Come visto, al calunniatore si applica la pena della reclusione da 2 a 6 anni (I° comma dell’articolo 368 Cod. Pen.). Tale pena può essere aumentata sino ad 1/3 se si incolpa taluno di aver commesso un fatto di reato per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a 10 anni (o superiore) (II° comma dell’articolo 368 Cod. Pen.). Al III° comma dello stesso articolo 368 Cod. Pen. sono previste delle ulteriori circostanze aggravanti che così operano:
• la reclusione è da quattro a dodici anni se dal fatto deriva una condanna alla reclusione superiore a cinque anni;
• la reclusione è da sei a venti anni se dal fatto deriva una condanna all’ergastolo.
La giurisprudenza in tema di reato di calunnia
“Integra il reato di calunnia la denuncia dello smarrimento di assegni bancari dopo che il soggetto li aveva dati in pagamento ad altro soggetto” (Cassazione Penale, VI° Sezione, n. 12810 dell’8.02.2012).
Non è necessario che il soggetto incolpato sia esplicitamente accusato (Cassazione Penale, VI° Sezione, n. 18987 del 14.03.2012).
La denuncia (ai fini dell’integrazione del reato) può essere rivolta a qualsiasi Autorità che sia tenuta ad informare quella giudiziaria.
“La notizia di reato può derivare anche dal racconto della persona sottoposta ad indagini preliminari”.
“Il reato di cui all’articolo 368 del Codice Penale rientra tra i reati di pericolo. Pertanto, il delitto non opera quando il fatto di reato incolpato sia perseguibile a querela di parte e questa non sia stata presentata” (Cassazione Penale, VI° Sezione, n. 35800 del 29.03.2007; Cassazione Penale, VI° Sezione, n. 4389 del 15.12.2010; Cassazione Penale, VI° Sezione, n. 10221 del 24.02.2011).
“La “denuncia” che integra la calunnia può essere ravvisata anche nel disconoscimento della scrittura privata effettuato nel corso di un procedimento civile” (Cassazione Penale, VI° Sezione, n. 1974 del 30.11.1992); “Commette il reato di calunnia il soggetto che, negando la sottoscrizione di una scrittura privata, implicitamente accusi un altro soggetto” (Cassazione Penale, VI° Sezione, n. 1385 del 13.11.1970).
Non è necessario che la persona accusata sia individuata, bastando che la stessa sia facilmente individuabile;
“Integra il delitto di calunnia anche il riferire fatti appresi da altri, qualora il soggetto sappia dell’innocenza dell’accusato” (Cassazione Penale, II° Sezione, n. 47628 del 18.11.2008).
“Al fine della integrazione della calunnia è necessario che il fatto attribuito corrisponda ad una fattispecie di reato” (Cassazione Penale, addì 10.07.2000).
“Opera il reato di calunnia pure se il fatto sia diverso da quello commesso; ciò non si verifica laddove si affermi il falso solamente con riguardo a modalità secondarie di realizzazione del fatto” (Cassazione Penale, VI° Sezione, n. 35339 del 10.03.2008).
“Commette il reato di calunnia il soggetto che accusi il possessore di sostanze stupefacenti di essere il suo fornitore” (Cassazione Penale, VI° Sezione, n. 3575 del 25.01.1995).
“La calunnia è reato istantaneo, che si integra quando la notizia arriva alla Autorità. Nuove dichiarazioni confermative che non aggiungano nuove incriminazioni non integrano altri reati” (Cassazione Penale, VI° Sezione, n. 9961 del 28.03.1999).
“Il dubbio circa la colpevolezza dell’accusato dovuto a buona fede non fa integrare il reato di calunnia, ma fa assolvere il soggetto con la formula “perché il fatto non costituisce reato” (Cassazione Penale, III° Sezione, n. 1897 del 27.10.1969; Cassazione Penale, addì 10.12.1996).
“Il delitto di calunnia sussiste anche se l’incolpazione sia fatta dall’imputato in sede di interrogatorio ed in risposta alle contestazioni rivoltegli” (Cassazione Penale, n. 378 del 7.03.1966).
“Il delitto ex articolo 368 Cod. Pen. non è escluso dall’accusa fatta per la volontà di scagionarsi e difendersi da un’accusa ricevuta” (Cassazione Penale, II° Sezione, addì 12.11.1975; Cassazione Penale, addì 22.01.1980).
“Non integra il reato di calunnia le accuse effettuate in modo strettamente collegato ad esigenze difensive” (Cassazione Penale, n. 13118 dell’8.02.2001).
“Nel caso di accuse rivolte a più soggetti con una sola denuncia sussistono tanti delitti di calunnia quante sono Le accuse, e tali delitti operano in concorso formale fra di loro o in continuazione (se sussistono i presupposti della continuazione)” (Cassazione Penale, VI° Sezione, n. 18745 del 2.03.2008).
Il reato di calunnia si distingue dal reato di falsa testimonianza in quanto il primo è posto a tutela dell’incolpato, mentre il secondo vuole colpire il fatto di chi violi il dovere testimoniale di riferire il vero (Cassazione Penale, VI° Sezione, n. 4082 del 24.02.1998).
Il dolo eventuale in capo all’accusatore esclude il reato di calunnia (Tribunale di Milano, X° Sezione, Sentenza addì 02.12.2008; Cassazione Penale, VI° Sezione, n. 2750 del 16.12.2008; Cassazione Penale, VI° Sezione, n. 34881 del 7.03.2007).
La differenza tra il reato di simulazione di reato e il reato di calunnia risiede nel fatto che nel primo l’accusa non è rivolta a persona determinata, mentre nella calunnia si; se la persona non è determinata ma comunque determinabile opera la calunnia.
“Ai fini della punibilità occorre la sicura falsità delle dichiarazioni, non essendo all’uopo sufficiente la non verosimiglianza delle stesse” (Cassazione Penale, VI° Sezione, n. 32841 del 28.05.2009).
Il reato di autocalunnia previsto dall’articolo 369 del Codice Penale
Ai sensi dell’articolo 369 del Codice Penale si punisce con la pena della reclusione da 1 a 3 anni il soggetto che incolpa se stesso della commissione di un reato (tramite le stesse modalità previste dall’articolo 368) se in realtà il reato non è avvenuto o se è stato commesso da altre persone.
In questo caso il bene giuridico oggetto di tutela è solo quello del corretto funzionamento della Giustizia.
Per il delitto di autocalunnia opera la causa di non punibilità prevista dall’articolo 384 del Codice Penale (in base alla quale non è punibile chi ha commesso il fatto per salvare se stesso o un familiare da un grave danno alla libertà o all’onore).
L’autoaccusa può essere fatta tramite qualsiasi modalità, anche tramite confessione rilasciata dinnanzi ad un Giudice.