Commette il reato di “rifiuto d’indicazioni sulla propria identità personale” il soggetto che, su richiesta di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, si rifiuti di fornire le proprie generalità. In tal caso la pena che si applica è quella dell’arresto fino ad un mese o quella della multa fino ad Euro 206. Così prevede l’art. 651 del Codice Penale.
È interessante osservare che l’illecito in parola scatta nell’esatto momento in cui il soggetto si rifiuta di fornire le indicazioni circa la propria identità, essendo irrilevante il fatto che tali informazioni siano state fornite successivamente. Questo è quanto affermano i Giudici italiani (tra gli altri: Trib. Roma 24.05.2014; Cass. Pen. n. 6052/1995). Scopo della norma è infatti quello di evitare che l’attività della pubblica amministrazione – in questo caso quella di vigilanza – sia intralciata anche temporaneamente.
Quando qui si parla di pubblico ufficiale non ci si riferisce solamente alle forze di Polizia o ai Carabinieri, ma a tutti gli ufficiali, compresi i controllori dei treni, le guardie venatorie ecc..
Si noti inoltre che la scelta dei p.u. di richiedere le generalità è sempre libera ed insindacabile da parte dei Giudici, con l’unico limite che essa avvenga durante lo svolgimento di pubbliche funzioni. Non è quindi necessario che la persona sia responsabile di un reato o di un illecito amministrativo.
Integra il reato in esame non solo il diniego di fornire nome e cognome, ma anche tutte le altre indicazioni richieste per una completa identificazione, come il luogo di residenza, la data ed il luogo di nascita ecc.; non vi rientra invece – a titolo di esempio – lo stato di tossicodipendenza.
Allo stesso modo, l’illecito opera anche se l’identità sia facilmente accertabile da parte dell’ufficiale, ad esempio leggendo le generalità nel libretto consegnatogli dall’automobilista. Fa eccezione a questi principi l’ipotesi in cui l’ufficiale conosca la persona.
Per escludere il delitto è sufficiente fornire le informazioni richieste a voce, non essendo richiesta la consegna dei documenti (Cass. Pen. n. 2261/1991).
Sotto il profilo soggettivo per la punibilità è sufficiente la colpa.
In ogni caso di rifiuto, il soggetto potrà essere portato in caserma ai fini del riconoscimento, ed anche sotto questo profilo la scelta degli agenti è discrezionale. La permanenza in caserma non potrà però essere superiore alle ventiquattro ore.
Il fornire false generalità fa invece operare il diverso reato di cui all’art. 496 del Codice Penale (“False dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o di altri”).
In giurisprudenza si è affermato che il reato ex art. 651 Cod. Pen. possa concorrere con quello di resistenza a pubblico ufficiale.