Il risparmio è reddito non speso, cioé non utilizzato per i consumi.
Se poniamo di chiamare il reddito come S (stipendio), i consumi come C e il risparmio come R, si ha che
S = C + R,
cioé che la somma dei risparmi e dei consumi è pari allo stipendio (settimanale, mensile, annuale: scegliete voi).
Dite che non è vero perché uno si può indebitare? Giusto!
Ma l’equazione resta vera se consideriamo l’indebitamento come risparmio negativo! Infatti, per pagare i debiti, uno dovrà sottrarre quote di risparmio futuro!
Dunque, girando l’equazione,
R = S – C,
il che significa che il risparmio è pari alla quota di stipendio che non spendo!
Tra l’altro, potrete calcolare quanta parte in percentuale del vostro stipendio resta sotto forma di risparmio. Questa percentuale è chiamata dagli economisti “propensione al risparmio” e, sommata alla “propensione al consumo” (cioé alla percentuale dello stipendio che finisce nelle tasche di altri) dovrebbe alla fine dare cento.
Volete sapere quanto risparmia il vostro vicino di casa? Beh, non lo so. Però posso dirvi qual è la media nazionale: secondo gli ultimi dati diffusi dalla Banca d’Italia il 31 maggio scorso, la propensione al risparmio delle famiglie, definita come rapporto tra risparmio lordo e reddito disponibile lordo, si è ridotta di 1,3 punti, scendendo all’11 per cento, il livello più basso dal 2000, ma tuttora elevato nel confronto con gli altri Paesi avanzati.
Abbiamo scoperto l’acqua calda? Forse. Certo, per accrescere il risparmio non ho che due vie: aumentare lo stipendio (difficile) o ridurre i consumi.
Ma forse c’è una terza via. Analizzare i consumi per evidenziare quelli di prima necessità (vitto e alloggio), quelli solo in parte necessari (cambiare l’auto ogni anno), quelli voluttuari (inserite qui quello che vi piace). Questa forma di analisi delle spese è simile alla pianificazione del budget che fa un’impresa.